Vincenzo Salemme racconta a Teatro.it come le emozioni siano parte fondamentale di trame e personaggi, non solo in uno spettacolo teatrale
“Vivere. Un attore che non ha vissuto non può essere un attore”. E' la filosofia di Vincenzo Salemme, straordinario interprete campano, in questi giorni impegnato nel suo spettacolo Con Tutto il Cuore, tragicommedia nella quale narra le vicende di un dimesso e gentile professore che riceve in dono il cuore di un assassino.
Lo abbiamo incontrato, e in una singolare conversazione che ha toccato tanti temi ci siamo fatti raccontare anche i retroscena del suo ultimo, spassoso lavoro. (alla fine il video integrale dell'intervista)
Il personaggio dello spettacolo si chiama Ottavio Camaldoli: che tipo di uomo rappresenta?
Ottavio Camaldoli è un professore, insegna latino e greco ed è molto appassionato al suo lavoro. E' un uomo molto mite e, proprio per questa ragione, è vessato da tutti coloro che gli sono intorno, dalla moglie, dalla figlia e dall'infermiera che lo segue. Nel subire un trapianto di cuore, riceve in dono il cuore di un delinquente, la cui madre vuole a tutti i costi che Ottavio vendichi.
Dove hai trovato lo spunto per questo personaggio?
Le idee nascono spontanee, noi che scriviamo siamo persone come tutte le altre, viviamo le nostre esperienze che a un certo punto risalgono a galla, come ci fosse una sorta di inconscio che assorbe personaggi e fatti.
Secondo la madre del donatore, Ottavio ha ereditato il gene criminale dal cuore del figlio, perché nel cuore "sta tutto"; è vero che nel cuore c'è tutto di noi?
Lei sostiene che il cuore del figlio trasferito in Ottavio lo trasformi in suo figlio, crede che sia la sede del patrimonio genetico dove ci sia tutto. Io non lo credo, e la scienza lo ha dimostrato: il cuore è semplicemente un muscolo che pompa sangue e grazie al quale possiamo vivere.
Credi che un genitore sia in diritto di fare qualsiasi cosa in nome dei figli?
No, non lo credo, capisco che un genitore possa fare tutto per i suoi figli, ma non è un diritto.
Tragedia e commedia insieme: fanno parte di te e del tuo vissuto, o del tuo percorso di scrittore?
Diciamo che il matrimonio tra comico e tragico, come generi, fa parte della cultura napoletana. In me è abbastanza vistoso, tendo a degli abbattimenti anche se poi sono una persona molto allegra.
Hai detto che Dio si manifesta in Teatro, ce lo spieghi?
Se devo farmi un'idea di Dio lo immagino come un creatore perenne, non uno che ha creato e si è fermato. Lo immaginiamo sempre come un signore anziano, in pensione. Io invece ho un'idea di Dio che è un'idea atletica, dinamica, futurista. Dio è creazione continua, e il Teatro è così.
Cosa porti dell'esperienza teatrale al cinema e viceversa?
Faccio in genere il mio lavoro nello stesso modo in Teatro, al cinema e in tv, non dal punto di vista tecnico ma emotivo. Io emotivamente voglio raccontare a chi guarda una determinata emozione, poi come ci arrivi è un altro conto. Il Teatro è una cosa, il cinema è una cosa, la televisione un'altra.
Qual è l'esperienza fondamentale che un attore deve fare nella vita?
Secondo me gli attori devono fare un'esperienza fondamentale, senza la quale non possono fare gli attori: vivere! Chi non vive non può fare l'attore.
Molto spesso quando parla in pubblico ricorda le sue origini di Bacoli. Qual è la specificità o la necessità interiore di questa appartenenza?
Le appartenenze geografiche sono fondamentale in tutti gli artisti, però è fondamentale che l'artista si allontani da quell'appartenenza... ma geograficamente, non emotivamente.
Qual è il complimento più originale, più emozionante che hai ricevuto dal pubblico in Teatro?
Quello che mi emoziona di più è quando le persone che non stanno bene mi dicono che, per un po', sono state bene.
Per INFO e DATE SPETTACOLO: Con Tutto il Cuore